DIDATTICA IBRIDA: UNA SFIDA PER L’ISTRUZIONE DEL FUTUR
Nel febbraio 2021 il centro UNICEF dedicato alla ricerca, l’Office of Research – Innocenti,che da sempre contribuisce al dibattito globale sui bambini e sui loro diritti, ha messo in evidenza nel documento “La didattica a distanza durante l’emergenza COVID-19: l’esperienza italiana” come a partire da marzo 2020, la chiusura delle scuole in risposta alla pandemia di COVID-19 ha fatto sì che oltre il 90% dei bambini e dei ragazzi iscritti a scuola in tutto il mondo sia stato costretto ad abbandonare i banchi scolastici. L’Italia è stato il primo Paese in Europa ad attuare un lockdown a livello nazionale. Le scuole e le università hanno iniziato a chiudere a fine febbraio 2020.
Per mitigare l’impatto della chiusura delle scuole, l’Italia e i principali Paesi Europei hanno investito rapidamente in soluzioni di didattica e apprendimento a distanza erogate attraverso diversi canali, tra cui piattaforme online, programmi televisivi e radiofonici. In Italia, il Ministero dell’Istruzione ha stanziato 85 milioni di euro per le attività di formazione a distanza. Alcune testate giornalistiche, nel riportare alcuni dei risultati preliminari di un’indagine del Ministero dell’Istruzione, hanno riferito che al 18 marzo 2020 il 67% delle scuole aveva spostato tutte le proprie attività didattico-educative online, raggiungendo potenzialmente 6,7 su 8,3 milioni di studenti in Italia.
Questa nuova forma di didattica, senz’altro rivelatasi vantaggiosa nella situazione d’allarme globale, ha mostrato tuttavia anche degli svantaggi rispetto al suo utilizzo.
Tra il 2020 e il 2022 il computer, che fino a quel momento era per lo più uno strumento di svago per bambini e adolescenti, è stato impiegato come mezzo indispensabile anche per l’istruzione.Precedentemente, l’utilizzo di strumenti tecnologici aveva un ruolo secondario e di supporto (ad es. le lim erano utilizzate solo per vedere video o filmati) e non si era ancora giunti all’approdo di un modello ibrido di istruzione.
Tra gli svantaggi messi in luce dal trasferimento online della modalità tradizionale della lezione, un articolo pubblicato su QuiFinanza rileva: problemi di connessione (l’Italia in particolare, come sappiamo, non è ancora un Paese tecnologicamente evoluto: zone non raggiunte da rete Internet, banda larga limitata ai grandi centri urbani hanno causato enormi problemi alla fruibilità delle lezioni scolastiche); il troppo tempo passato al pc, perché questo non è stato più solo uno strumento per seguire le lezioni, ma è diventato anche il modo principale per coltivare rapporti con i compagni durante il periodo pandemico; la scarsa concentrazione; l’impossibilità da parte del docente di mettere in atto approcci di insegnamento personalizzati basati sul rapporto faccia a faccia.
Nell’articolo di Gianfranco Scialpi comprendiamo come da molti docenti la D.A.D non sia considerata un modello così valido da poter prevalere anche nel periodo post-Covid, ma questo non vuol dire che debbano essere sottovaluti i vantaggi che essa ha apportato in questo periodo.
Tra questi citiamo la maggiore interattività tra docenti e alunni soprattutto grazie alla messaggistica istantanea; le maggiori competenze sulle tecnologie sia da parte dei docenti che da parte dei ragazzi (e come sappiamo, questo risulta assolutamente utile dal momento che l’Italia è una di quelle nazioni segnata profondamente dal Digital Divide); l’assenza di spostamenti casa-scuola che costituiscono un risparmio di tempo e denaro, oltre che un minor inquinamento dell’ambiente; utilizzo di svariati materiali didattici.
Nonostante molti docenti siano convinti della necessità di tornare nuovamente al modello tradizionale di scuola in presenzanel periodo post-Covid, possiamo ritenere che l’Italia e i Paesi Europei potrebbero farsi protagonisti di una nuova sfida e garantire l’evoluzione tecnologica del mondo dell’istruzione.
L’avvento di una modalità ibrida di insegnamento offrirebbe
agli studenti la possibilità di scegliere il modo in cui vogliono e possono imparare. L’apprendimento ibrido garantirebbe maggiore flessibilità e coinvolgimento dello studente nelle scelte che riguardano la propria formazione. Ogni studente potrebbe così seguire il percorso formativo che più si adatta al proprio stile di apprendimento.
Tuttavia, i Paesi Europei dovrebbero impegnarsi nella riduzione di alcuni svantaggi segnalati precedentemente. Grazie al Dottor Pierfranco Ravotto abbiamo ben chiari quali sarebbero dovuti essere i punti essenziali che, se già sviluppati prima dello scoppio della pandemia, avrebbero potuto garantire una buona qualità della D.A.D. e che reputiamo, quindi, essere alla base anche di una buona permanenza futura di essa.
Ad esempio, i Paesi potrebbero sostenere corsi di formazione per docenti, studenti e genitori rispetto all’utilizzo dei device digitali e di app e ambienti web utili a migliorare la competenza digitale; potrebbero mettere in atto corsi che mirino a far sviluppare le capacità pedagogiche dei docenti circa la scelta di attività didattiche adatte ai diversi contesti e ai diversi alunni e soprattutto le autorità dovrebbero garantire a tutti una buona connessione internet e l’accessibilità a fasce svantaggiate della popolazione di strumenti tecnologici. Tutte queste sono misure che eleverebbero lo status dell’istruzione nei confronti di quei cambiamenti che ormai caratterizzano la nostra quotidianità.
Laura Catanzaro, Danila Fiermonte, studentesse SCOPSI, Università degli Studi Aldo Moro di Bari
Sitografia:
https://www.orizzontescuola.it/dad-e-did-il-virtuale-colonizzera-sempre-piu-il-reale-onlife/?amp
http://www.rivistabricks.it/wp-content/uploads/2020/06/2020_02_24_Ravotto.pdf
https://scuola24.ilsole24ore.com/art/scuola/2020-03-26/didattica-digitale-raggiunti-67-milioni- studenti-sugli-83-milioni-complessivi-164052.php?uuid=ADex49F.