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COVID-19: realtà quotidiana

Il 2019 è stato un anno di cambiamenti, a livello mondiale. Il virus, ossia il COVID-19, ha cambiato l’andamento delle nostre vite, soprattutto dei giovani. Si parla di un fenomeno mai vissuto prima, con tale intensità. Ci è stato chiesto di adattarci all’ignoto, affrontando il virus quotidianamente, come se fosse diventato un nuovo componente della famiglia. Ci è stato chiesto di cambiare, in maniera dirompente. Tutto ciò che ci circonda ha cambiato forma, dai volti, coperti con una mascherina, ai luoghi, all’organizzazione del paese o città in cui viviamo. Le limitazioni sono diventate il nostro pane quotidiano, dal distanziamento sociale, molto spesso anche tra familiari, al distanziamento tra regioni, che assumevano colori differenti in base all’andamento dei contagi: rosso, arancione, giallo, e raramente qualche regione diveniva bianca, ossia “fuori momentaneo pericolo”.  La storia ha continuato a ripetersi per circa due anni, la paura si nutriva delle persone, almeno della maggior parte. L’unica via d’uscita era il vaccino, che da molti non era visto come la luce in fondo al tunnel, poiché si credeva che la malattia fosse solamente una semplice influenza stagionale. In Italia, l'esempio lampante fu il presidente Draghi, il 30 marzo 2021. Contemporaneamente, la televisione continuava a mostrare quotidianamente la situazione critica negli ospedali.

Il covid, ancora oggi, dopo ben due anni, è ancora in prima pagina. La situazione è migliorata, pur essendoci un nuovo boom di contagi. Questo boom recente ha portato nuovamente alla divisione in colori del Paese. In questo caso le regole sono le stesse delle precedenti, ad eccezione per i vaccinati, i quali possono comportarsi normalmente, come se la propria regione non fosse nè gialla, arancione o rossa.

Ciò che provoca alti e bassi sono l’eliminazione e la reimmissione delle limitazioni, in base al numero di contagi da Covid. Di conseguenza si diffonde il calo dei consumi, che porta verso la cosiddetta crisi e rincari differenziati. Il nostro paese cade, e si rialza continuamente. I giovani per due anni hanno subito questi cambiamenti repentini, che conseguentemente hanno leso la propria salute mentale. Cambiamenti tra didattica a distanza, che conosciamo con il termine abbreviato DAD, e didattica in presenza.

Tutta la popolazione necessiterebbe di supporto psicologico. Si ha paura a condividere spazi con altre persone, anche amiche. Si preferisce isolarsi piuttosto che condividere emozioni, situazioni, momenti. Probabilmente perché si pensa agli altri, non a se stessi. Diversi pensieri si fanno spazio: “E se contagiassi i miei cari? Potrebbero essere soprattutto anziani, di conseguenza soggetti fragili.”

Continueremo a vivere nella paura, nel terrore, anche dopo la fine della pandemia, se mai potremo accertarne una fine.

Sveva Leogrande

Studentessa SCOPSI, Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari

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