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L’Europa ai tempi del Covid

La pandemia ha messo a dura prova la tenuta dell'istituzione dell' Ue e dei suoi principi cardine, come la libera circolazione di persone e merci e la solidarietà tra i paesi membri.

Soprattutto nelle fasi iniziali gli stati hanno adottato iniziative unilaterali, come il caso di Francia,  Germania ed altri paesi che bloccarono l’esportazione di mascherine verso l’Italia, violando il principio di solidarietà europea. Ancora più significativo è stato il blocco temporaneo delle frontiere interne da parte di 14 stati che ha reintrodotto i controlli alle dogane, prima tra tutti l’Austria con la chiusura del Brennero ad inizio marzo. Non era la prima volta che il trattato di Schengen fosse sospeso, ma si era trattato di casi limitati a singoli stati dovuti ad emergenze di ordine pubblico, come ad esempio in occasione del G8 di Genova nel 2001 per l’Italia o in seguito alla strage nella redazione di Charlie Hebdo del 2015. Mai così tanti Stati membri finora avevano ripristinato i controlli alle frontiere nello spazio Schengen.

Sono emerse così più che mai, in questa situazione nefasta ed imprevedibile (più o meno), le problematiche legate alla gestione eterogenea dei vari Stati in tema di emergenza sanitaria, il tutto a spese dei cittadini europei che si sono ritrovati ad affrontare i disagi di questa frammentazione, ad esempio con ritardi nell’approvvigionamento dei beni di prima necessità e le difficoltà negli spostamenti. Analogamente, misure eterogenee sono state prese nelle fasi successive a partire dalle misure di quarantena e lock-down fino alle norme sugli spostamenti  dopo l’introduzione dei vaccini e del green pass. Basti pensare che attualmente ogni paese adotta un protocollo diverso verso gli ingressi nei propri confini, per cui si hanno condizioni differenti rispetto ai tempi dall’ultima vaccinazione, ai tempi di eventuali quarantene e sul tipo di tamponi richiesti.

Come sappiamo, l’Unione Europea non definisce le politiche sanitarie ma integra solamente le politiche nazionali sostenendo la cooperazione tra gli stati nel settore della sanità. La Commissione è quindi intervenuta in linea con quanto previsto dai trattati,  sia nella contesa sul blocco delle mascherine sia per armonizzare la gestione delle frontiere con la sospensione dell’accordo di Schengen. L’Unione Europea ha ottenuto dei risultati là dove ha avuto i mezzi per agire, come le trattative con le case farmaceutiche per l’acquisto di vaccini che hanno garantito forniture a tutti gli stati membri ma anche in parte a paesi vicini o a basso reddito. Le istituzioni sono intervenute anche per garantire aiuti economici alle aziende e ai cittadini in difficoltà, sia con la distribuzione di risorse economiche sia con la sospensione  dei vincoli sugli aiuti di stato.

Per quanto le istituzioni europee abbiano quindi reagito con diversi mezzi per contrastare l’emergenza, credo che sarebbe più efficace ed efficiente operare in maniera ancora più coordinata anche su aspetti che ora appartengono alla sfera nazionale, adottando misure omogenee su scala continentale ed  indirizzando le risorse in un’unica direzione. Temo poi che, a parte la confusione e i disagi che differenti approcci al medesimo problema possano generare, il rischio sia anche che agli occhi dei cittadini appaia un quadro frammentato in cui prevalgano gli interessi nazionali e vengano meno i principi di solidarietà e appartenenza, principi su cui si fonda l’Unione stessa, facendoli allontanare dal sentimento europeista.

L’Europa che vorrei è quindi un’Europa ancora più unita e compatta, che converga verso una gestione maggiormente unificata di emergenze e problemi di natura transnazionale, come lo è questa pandemia ma come sono molte delle sfide che ci attendono nei prossimi anni, soprattutto ora che abbiamo visto come fenomeni di questa natura possano tranquillamente ignorare i confini nazionali, nonostante gli sforzi che molti continuano a fare illudendosi di poterli chiudere fuori.

Lavoro svolto da Erika Vitale, studentessa della magistrale SCOPSI presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro

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