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Europe4future: “Gender gap in sanità: il tetto di cristallo in sanità è solo un problema delle mediche?”

Il webinar: “Gender gap in sanità: il tetto di cristallo in sanità è solo un problema delle mediche?” il diattito del Forum Europe4Future di martedì 27 Luglio, con l’obiettivo di discutere della parità di genere nel settore medico-sanitario.

Sono intervenute Silvia Spinelli, Coordinatrice della commissione delle pari opportunità della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia; Isabella Frigerio, President di Women in Surgery e attuale componente del Board di Donne Leader in Sanità. Il confronto è stato moderato dal giornalista scientifico Mario Maffei.

La discussione è andata dritta al sodo, partendo dal concetto di Gender gap in relazione alla rappresentazione dell’inclusione nel mondo medico, in particolare tra gli ortopedici, un settore dove è massiccia la prevalenza maschile. Il giornalista si è rivolto alla dottoressa Isabella Frigerio che vede dibattere sul tema le rappresentanti di tutti i paesi del mondo, chiedendo: “Il tetto di cristallo in sanità coinvolge anche i pazienti?”

La risposta di Frigerio non lascia adito a dubbi: “In medicina il divario esiste a tutti i livelli. Il divario inizia a seguito della laurea, poi con la progressione carriera, o il training e tutte le occasioni di vita professionale. Il tetto di cristallo esiste specialmente nell’ambito chirurgico, dove più rappresentata è la componente maschile. La leadership, i direttori dei dipartimenti chriurgici sono di sesso femminile solo dal 4 al 9% dei casi. Questo è quello che in inglese chiamiamo glass siling e anche sticky floor, ovvero pavimento appiccicoso, che non permette di compiere i proprio passi per progredire.

“Quali ragioni dietro queste ostilità?” ha chiesto Maffei alla dottoressa Spinelli.

“Diverse, in quanto ortopedica conosco molto bene quelle della mia specialità, ha precisato Spinelli. Sono visibili gli stereotipi di genere. Quello che viene riconosciuto come sistema di potere che predilige la professione per alcuni uomini, è un pregiudizio che riguarda i medici ed esclude anche alcuni uomini, parte dall’idea che se sei chirurgo ortopedico devi avere forza fisica.

Il sistema di potere che definiamo genericamente maschilista riguarda sia gli uomini che le donne.

Si tratta di assumere una posizione ancillare di comodo per alcune. Perché ci preme lavorare su questi punti? Per dovere della società scientifica e civile, perché si sviluppino i talenti delle singole persone”.

E’ intervenuto quindi il giornalista parlando del caso specifico del docente universitario di Medicina, degli stereotipi visibili nel contesto da lui innescati. Si analizza quindi il mentoring, la relazione maestro-allievo in cui generalmente il docente uomo tende a privilegiare gli studenti uomini e a mantenere invariato il sistema che esclude le donne anche quando estremamente meritevoli.

A questo proposito Frigerio parla di “rapporto non unidirezionale”: “…Studentesse che vanno alla ricerca di un mentore, cercheranno quella persona che esalterà anche la parte legata al genere che le riguarda. (esalterà il fatto che sono donne, ecc…). Non lasciamo quindi solo ai professori la responsabilità del rapporto mentor-mentee. Sicuramente il problema della leadership maschilista in chirurgia è dovuta anche alla carenza di vocazione causata da una mancata progressione di carriera. Le studentesse non vedono figure di riferimento nelle quali si possano immedesimare, non c’è un Role model, non entra in gioco quello che è chiamato il Paradigmatic projectory, l’identificarsi in un futuro tramite un esempio che in quel momento è ben visibile nella realtà. Quello è lo stimolo ad andare avanti, tramite figure di riferimento reali. La mancanza di questi aspetti è un deterrente per il percorso in Chirurgia. I bravi mentori hanno la fila fuori la porta, chi coltiva ambienti malsani pieni di pregiudizi, è destinato a perderli, perché i ragazzi oggi molto più sensibili a questi temi e meno condizionati di come eravamo 10 anni fa”.

Maffei osserva: “Quindi parliamo di una svolta? Ma il sotto-utilizzo delle chirurghe cosa toglie alla sanità?”

Spinelli spiega: “Mi faccia brutalizzare il problema: se impiego le stesse risorse economiche per corsi di specializzazione e corsi di ultra-specialità e non recuperiamo queste risorse solo perché appartengono ad un genere, andiamo incontro al fallimento. Si tratta di una cecità della società che dovrebbe essere appianata. Purtroppo è una perdita circolare: meno ci impegniamo a risolvere il problema, meno donne ci saranno nel settore, meno saranno motivate a farlo. Poter avere donne che scelgono specialità chirurgica ma non sono motivate a raggiungere un certo livello, è una perdita inquantificabile. Fondamentale è riconoscere come le nuove generazioni diano ossigeno e nuova vitalità ad un sistema che deve riarrangiarsi, rinnovarsi. Il Reverse mentoring serve a questo: capire come potersi sviluppare, in un report virtuoso, non vizioso”.

Frigerio quindi passa a parlare di che cosa si perda, per i pazienti, nel sottoutilizzare le chirurghe: “Considerate che il 50% delle iscritte alla Facoltà di Chirurgia è donna. Una delle indagini che ha indagato su un numero rappresentativo di diverse specialità chirurgiche, ha individuato il problema nella fase del training. Significa che queste chirurghe ritengono che essere donna infici l’accesso ad un training adeguato, quindi non premette di prepararsi in maniera tale da sostenere il carico del lavoro che si presenterà. Abbiamo il tempo e i dati per poter evitare questo gap, abbiamo identificato il problema del training chirurgico, non intervenirein queste falle creerà un disservizio nel sistema socio-sanitario di domani. Si presenterà un problema nel servizio chirurgico… il traning deve essere garantito. È emerso nella stessa survey, conclusa nel 2020, riguardo la disponibiltà del mentoring in chirurgia, che solo una minima percentuale del 5-9 % si è potuta identificare in un mentore donna. Di donne chirurghe visibili come figure di riferimento ce ne sono nella pratica, ma non sono conosciute e visibili, bisogna intervenire. Accade perchè non arrivano ad essere responsabili, ai congressi non sono sul podio a presentare o moderare i loro lavori o farlo per quelli di altri. Cito quello che sta avvenendo al congresso ad ottobre 2021 a Bilbao, luogo in cui ci si è imposti di avere una faculty bilanciata per paesi di provenienza e generi di appartenenza, per avere una rappresentanza di tutte le realtà che effettivamente operano in chirurgia. Le grande società come questa azienda fanno da asempio.”

Si prosegue parlando di empowerment professionale, fino alla domanda critica: “Sappiamo i rappresentanti della sanità pubblica italiana sono scelti dalla politica, perché poche docenti ordinarie e pochi responsabili ai vertici negli ospedali?”

Spinelli in merito osserva: “Non basta una donna in una posizione di potere a cambiare il sistema. Pur essendo il 60% le laureate nel settore negli ultimi anni, non riusciamo a creare un movimento di controtendenza. Una donna non riesce a trascinare le altre, il motivo sta nel fatto che la lotta non è solo sul gap numerico, ma è proprio un sistema a dover cambiare. La donna in posizione di potere non è detto che non sia vittima di quel sistema. Creare effetto pioggia, partendo dal training di formazione scientifica e medica, tramite un mentoring di sostegno in situazioni formali (come la sala operatoria) ma anche informali, di sostegno nelle difficoltà esistenti intorno ad una scelta professionale”.

Si è quindi individuata una sorta di parola chiave per vincere: “Visibilità”. In tutta la società la percentuale di donne impegnate nella vita societaria non supera il 10%, e questo non è affatto un problema solo italiano.

Discutendo così in parallelo della rappresentazione delle donne in politica… “Sono le donne che partecipano poco, o gli uomini a detenere il potere in mano?” è la provocazione conclusiva.

“La politica governa il paese”, afferma Frigerio citando un episodio: “Con la associazione Lega Donne in Sanità siamo state ricevute da Mattarella in Quirinale, con un progetto che mira al raggiungimento del 40% della leadership femminile nelle aziende sanitarie. È un chiaro segnale di apertura alla questione del genere e in particolare del genere in sanità, che poi si dovrà tradurre in azione…Le carenze delle mediche in Italia e lo stupore del presidente Mattarella, ci fa dedurre che ci sia ancora da lavorare sulla visibilità del problema. Poi bisogna passare all’azione, per questo ci si deve confrontare con la politica, per fortuna o purtroppo. C’è presenza femminile in Parlamento, in sSenato, ma non abbiamo ancora avuto supporto pratico, chiaramente siamo ancora all’inizio del confronto con le istituzioni, ma quello è un passaggio obbligato”.

Si chiude quindi così il seminario, senza mancare il riferimento al Forum giornaliste del Mediterraneo quando si tratta di confrontarsi sulla opinione del linguaggio e della declinazione delle parole al femminile.

Spinelli esprime la sua: “Molto semplicemente il linguaggio serve a far esistere le cose. Non nominare, cercare le perifrasi è un modo per non fare esistere. La lingua italiana può essere declinata al femminile, quindi deve essere usata per qualcosa che vediamo tutti i giorni e che esiste”.

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