Resta ancora un tema che scotta quello dei giovani che lasciano l’Italia per cercare un futuro migliore. Spesso, grazie alla presenza dell’Europa, è possibile trovare delle alternative accoglienti e relativamente vicine a casa, ma il flusso di questa “fuga di cervelli” non accenna a diminuire.
I DATI
Come dimostrato da un’analisi condotta sui dati Istat dalla Fondazione Leone Moressa, fra il 2009 e il 2018 gli italiani di età compresa tra i 15 e i 34 anni che sono emigrati sono circa 250 mila, il che significa una perdita di circa 16 miliardi di euro in termini di valore che avrebbero potuto portare al nostro Paese.
La maggior parte, spesso anche studenti o laureati (fra gli emigrati il 53% possiede un titolo di studio medio-alto), si sposta per cercare lavoro. Un lavoro che manca nel paese di origine o le cui condizioni sono precarie, degradanti per chi ha già molto studiato.
Molte sono le testimonianze di specialisti che si sono trasferiti all’estero alla ricerca di orari più vivibili, un migliore equilibrio fra lavoro e famiglia, la possibilità di avere un futuro definito dopo anni di studio e gavetta.
STORIE DI GIOVANI EMIGRATI
Una storia semplice, che mi ha personalmente colpita, è quella di Sara Protto che a 37 anni vive stabilmente a Tampere. Dopo averci studiato in qualità di studentessa Erasmus, ci è ritornata, per sfuggire al nepotismo, agli orari estenuanti, al precariato di chi a 30 anni dopo aver studiato medicina si trova ad avere solo una borsa di studio.
L’Europa rappresenta spesso un approdo sicuro per gli emigrati. Molti giovani hanno tentato di trovare fortuna a Londra, soprattutto prima della Brexit, cercando di dare forma ad un sogno. Molti altri, secondo l’Istat, emigrano in Germania, Svizzera, Spagna per un totale di 314 mila espatri complessivi fra il 2009 e il 2018. Tutti sono accomunati dal fatto di aver cercato e trovato condizioni di vita e lavoro migliori, l’Europa stessa grazie a programmi come l’Erasmus, i Progetti di Volontariato Europeo e il Corpo Europeo di Solidarietà offre la possibilità a giovani volenterosi di spostarsi e confrontarsi con realtà diverse dalla propria.
COSA FARE QUINDI?
Sarebbe bello riuscire a dare opportunità nuove ai giovani, tanti sono desiderosi di avere una loro indipendenza e mettere a frutto ciò che hanno imparato. Per fare questo è necessario anche svecchiare tanti ambiti lavorativi, in cui anzi si pone il problema di non riuscire ad andare in pensione dopo anni di lavoro e fatica.
Sarebbe importante avere degli spazi per presentare nuovi progetti, riuscire a collaborare con chi già occupa posizioni stabili in azienda in modo da poter coscienziosamente proporre alternative e innovazioni, avere la possibilità di formarsi efficacemente sul campo per acquisire velocemente competenze trasversali sempre tramite convenzioni con specialisti del settore. Fare insomma la gavetta, ma lasciando anche posto per chi può ormai costruirsi un futuro e dare nuova linfa a questo paese.
Ritengo sia anche compito del nostro Paese e dell’Europa di cui facciamo parte cercare di sostenerci e affiancarci in questo percorso: sarebbe importante fornire più possibilità ai giovani di aprire delle loro attività, fornire loro sussidi, in modo da lasciare spazio a queste idee che possono prendere forma e affermarsi. Solo così si può rendere questo percorso meno tortuoso seppur in salita.
Damiana d’Agostino, studentessa SCOPSI, Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari