Da diversi mesi si parla del nuovo vaccino creato e studiato per combattere il COVID-19, virus che fa parte ormai delle nostre vite dai primi mesi del 2020. L’estate scorsa molta gente ha deciso di non vaccinarsi per diversi motivi, mentre gran parte dei cittadini europei ha deciso di farlo. I motivi? Perché si fidano della scienza, perché “lo fanno tutti, tanto vale provarci”, o semplicemente perché lo considerano come l’unica speranza, la speranza di uscire da questa “guerra” e tornare alla normalità, quella che rivuole chi non si sarebbe mai aspettato di trovarsi difronte ad un “mostro” così grande e potente. Purtroppo, però c’è chi della scienza non vuole fidarsi, chi vede dei complotti dietro tutto ciò, facendo quindi parte di quelle persone che, nel caso in cui dovessero prendere il virus, potrebbero avere conseguenze gravi e finire in ospedale. Si tratta dei tanto famosi no vax. Di qui, tutte le restrizioni ancora in atto in tutta Europa che “stressano” anche la gente vaccinata, stanca ormai di vivere questa vita che non è più la loro.
Oltre ai no vax, però, c’è un’altra categoria di persone che ha scelto di non vaccinarsi, ovvero coloro che soffrono di Aichmofobia. Si tratta di una vera e propria fobia che li terrorizza alla vista dell’ago cercando quindi di opporsi in qualsiasi modo all’iniezione. Avere una dimensione precisa di quante persone soffrano di questa fobia è difficile perché spesso si tratta di disturbi transitori. Uno studio condotto dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) in 22 paesi del mondo ha rilevato che in media il 7,4 per cento della popolazione ha sofferto di una fobia almeno una volta nella vita, e il 5,5 per cento nell’ultimo anno. Lo stesso studio ha rilevato anche che la percentuale nelle donne è circa il doppio rispetto agli uomini. Si calcola che ne soffra circa il 10% della popolazione mondiale. Per di più, le statistiche affermano che prima della pandemia il 10-20% della popolazione soffriva di questo tipo di stress, e un recente studio dell’università del Michigan ha rilevato che il 16% degli adulti di diversi paesi quest'anno ha evitato le vaccinazioni antinfluenzali proprio per la paura dell'ago. Anche in Italia la percentuale è di circa il 10%.
Si dovrebbe quindi cercare di capire queste persone, ascoltarle e magari cercare delle soluzioni per aiutarle. La soluzione potrebbe andare da una terapia per superare la fobia fino alla creazione di un’alternativa al vaccino tradizionale. Un esempio di questo tipo è individuabile a nord della Puglia sul Gargano, dove un farmacista, Luigi Labombarda, facendo un’indagine tra i suoi concittadini, si è accorto che una buona parte delle persone non ancora vaccinate soffre di Aichmofobia. Ha quindi cercato una soluzione, trovandola in una siringa alternativa a quella tradizionale: la siringa senz’ago, sterile e monouso, consiste in getto ad alta velocità che sostituisce completamente l'utilizzo dell'ago, è in grado di iniettare nel braccio il vaccino attraverso un microforo che proietta il farmaco nel corpo in meno di 100 millisecondi e questo ne migliora l’assorbimento per via intramuscolare. Il primo iniettore a getto documentato per somministrare acqua o medicine a una pressione sufficiente a penetrare nella pelle senza l'uso di un ago risale al 18 dicembre 1866, quando Jules-Auguste Béclard presenta l'invenzione del Dr. Jean Sales-Girons, Appareil pour l'aquapuncture all'Académie Impériale de Médecine di Parigi, che si è poi evoluto nel tempo assumendo le sembianze di una vera e propria siringa senz'ago. Questa siringa era già utilizzata nei pazienti dai 16 ai 65 anni in quanto è capace di iniettare il vaccino alla stessa profondità di quanto fa una siringa standard ma attraverso un foro molto più piccolo. Di questo purtroppo non se ne parla nei telegiornali.
Si spera che lo studio su questa alternativa vada avanti, in modo da poter dare questa opportunità a chi realmente ne ha bisogno. Grazie al progresso tecnologico si potrebbe sgomberare il campo dei non vaccinati da quelle paure ingiustificate ed evitabili in un periodo delicato come quello che stiamo vivendo in cui l’unico spiraglio di luce sembra essere il vaccino. Tutti direbbero “più facile a dirsi che a farsi” ma il problema principale è che di queste persone non se ne parla nei media, non si indaga, non ci si informa; quindi, non ci si impegna per loro, forse perché si preferisce parlare dei “cattivi” no vax perché si vuole individuare il capro espiatorio della situazione in cui ancora ci troviamo? L'Europa ha bisogno dei giovani per portare avanti iniziative come queste, un piccolo contributo da parte di tutti può diventare di grande impatto per influenzare chi ha più potere di noi.
Claudia Cofano, studentessa SCOPSI, Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari