Semeraro Cosimo
Infante Angelo
Salute
Per salute si intende comunemente una condizione di efficienza del proprio organismo corporeo che viene vissuta individualmente, a seconda dell'età, come uno stato di relativo benessere fisico e psichico caratterizzato dall'assenza di gravi patologie invalidanti
Oggigiorno, il significato della parola salute ha un solo significato: benessere fisico, in questo periodo di pandemia è sottovalutato l’altro significato fondamentale della parola salute: il benessere psichico.
Secondo uno studio condotto dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, “i tentativi di suicidio e autolesionismo marcato sono aumentati del 30% durante la seconda ondata. Le ospedalizzazioni per tentativi o idee di suicidio sono passate dal 17% nel gennaio 2020 al 45% del totale nel gennaio 2021. Sono esplosi i disturbi del comportamento alimentare: solo per l'anoressia un +28% di richieste di aiuto. Sono dati molto allarmanti che ci dicono una sola cosa: dobbiamo intervenire”
Oltre che creare nuove opportunità per la formazione, il lavoro, lo sviluppo, occorre dare risposte immediate alla sofferenza reale e alla condizione di malessere profondo che moltissimi giovani stanno provando a seguito degli effetti della pandemia, specie pensando a quelle fasce di popolazione più fragili che non possono permettersi cure adeguate. È uno degli investimenti necessari per il futuro delle nuove generazioni.
In questi ultimi giorni si parlava del rientro a scuola dopo questo repentino innalzamento dei contagi, se fosse giusto far tornare i bambini e i ragazzi in classe, con le giuste precauzioni, e i dispositivi di protezione. Il rischio, ad oggi, di contrarre il covid è elevato ma la vita va avanti, il mondo non deve fermarsi: è giusto che i ragazzi vadano a scuola, non solo per accrescere il loro bagaglio culturale, soprattutto per preservare la loro salute mentale. In questi due anni è stato stravolto tutto il sistema scolastico, molti ragazzi si sono trovati ad affrontare il passaggio elementari-medie senza nemmeno rendersene conto, senza nemmeno accorgersi di avere una nuova classe, nuovi compagni, e non più “maestri” ma, “professori”.
Nell’ultimo periodo sono stati fatti diversi studi, sondaggi, per esempio riportiamo un’indagine effettuata dall’Università Cattolica di Milano:
Ad un campione di 150 adolescenti tra i 14 e i 19 anni, lo scorso dicembre è stato chiesto quali fossero sentimenti e pensieri prevalenti legati al lockdown e alla pandemia: il 69,3% afferma che il trauma da pandemia è diventato parte della propria identità; il 34,7% dice di fare fatica ad addormentarsi.
Uno degli psicoterapeuti ha così affermato: “Non possiamo ritenere il dolore psichico un problema legato solo a una specifica fascia d'età, ma - avverte Rizzi - è il problema di un Paese intero: se il 17,3% dei giovani dai 14 ai 19 anni ha pensato 'quasi ogni giorno' e 'più della metà dei giorni' che, in relazione al proprio stato d'animo attuale, sarebbe meglio morire o farsi del male a causa del dolore che la vita provoca, stiamo parlando, in valori assoluti, di oltre 490 mila individui in potenziale pericolo e che necessitano di assistenza psicologica immediata per scongiurare esiti peggiori”.
Tuttavia, non sono stati solo i ragazzi ad essere stati colpiti maggiormente in questo scenario;
La pandemia da COVID-19 ha avuto un forte impatto sulla fascia di popolazione più anziana, che ha sofferto del maggior numero di vittime. Trattandosi di individui fragili, gli anziani sono stati particolarmente coinvolti nelle restrizioni imposte dai governi. Uno studio condotto in Belgio, ha voluto indagare l’impatto delle misure restrittive sulla salute mentale nei soggetti di età superiore ai 65 anni, analizzando i fattori che hanno influenzato tale impatto.
Questa fascia di popolazione è stata oggetto di misure restrittive, per esempio l’invito a non accudire i nipoti e a non ricevere visitatori nelle strutture residenziali per lungo tempo. Inoltre tutta la popolazione è stata invitata a ridurre il più possibile i contatti con i soggetti più anziani e vulnerabili. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha sottolineato che la crisi sanitaria può avere un’importante ripercussione sulla salute mentale di questo gruppo. In particolare, il distanziamento, l’isolamento e la riduzione dell’attività fisica nei soggetti a rischio possono portare a solitudine e isolamento sociale, riducendo il benessere e aumentando il rischio di depressione e di disfunzioni cognitive. In risposta allo stress può peggiorare anche la qualità del sonno, aumentando ulteriormente il rischio di depressione. Queste alterazioni sono già state riscontrate in precedenti studi riguardanti disastri naturali; tali studi sottolineavano che per ridurre il declino cognitivo e aumentare il benessere era cruciale la socializzazione, esattamente ciò che è stato impedito durante la pandemia da COVID-19.
L’età media dei partecipanti era di 73 anni, in maggioranza donne, residenti nella propria abitazione, da soli o in compagnia. La maggior parte dei partecipanti ha riferito un basso numero di contatti fuori dalla propria abitazione e, al di là dei conviventi, nessun contatto all’interno; il numero maggiore di contatti avveniva via internet. Gran parte dei soggetti (88%) non soffriva di morbo di Parkinson, demenza, ictus, diabete e/o epilessia. Solo il 4% è stato infettato dal COVID-19. Dai questionari è emersa una riduzione particolarmente marcata di: benessere, soddisfazione generale della vita, sicurezza, connessione alla comunità e sicurezza sul futuro. Metà dei partecipanti ha riferito una riduzione nel livello di attività e nel 19% dei casi è peggiorata la qualità del sonno. Solo una piccola quota di soggetti (8%) ha riferito riduzione nelle capacità cognitive.
Quali soluzioni possibili adottare?
- Strategie a livello EU, a lungo termine (la pandemia finisce ma le conseguenze restano)
- Protezione dei diritti sociali di base e garanzia di misure economiche visto che la salute mentale è intrecciata a determinanti ampi
- Servizi di salute mentale integrati nel territorio, e in particolare coi servizi sociali
- Investimenti sull’alfabetizzazione sulla salute mentale, per contrastare lo stigma: evidenziare la universalità e diffusione generalizzata dei problemi di ansia e depressione che la crisi pandemica ha insegnato, e puntare sul senso di solidarietà che può derivarne”.
A cura di Semeraro Cosimo e Infante Angelo, studenti Scopsi, presso l'Università degli Studi "Aldo Moro" di Bari.