Argomento trasversale negli anni e ora sempre più manifesto riguarda la pertinenza dei compiti nel momento in cui si discute di educazione.
La partita per la responsabilità della formazione di una società civile, storicamente giocata tra famiglia e istituzione scolastica, sembra vedere uno spostamento del risultato in favore di quest'ultima, sollevando in risposta discussioni su cosa sia l'educazione e chi abbia per destinatario.
Nel caso in cui l'educazione fosse un percorso da effettuarsi ad una certa età e in un'aula, piuttosto che da subito nelle stanze di una casa, la prospettiva non cambierebbe solo in termini di dislocazione, infatti il risultato non potrebbe prescindere dall'ignorare che un alunno non sia anzitutto una persona.
La riduzione, quando non abdicazione, di un costante impegno familiare porterebbe a pressioni, ritardi e deviazioni in quello che è l'indirizzo scolastico e competenza del docente, un professionista sensibile all'osservazione dei cambiamenti e che dovrebbe focalizzarsi sulla condivisione di strumenti per l'integrazione. Le trasformazioni socioculturali infatti richiedono strumenti di lettura, interpretazione e moderazione a cui si deve assolvere per garantire un'attenzione al bene comune, evitare disadattamenti e facilitare le transizioni delle generazioni contemporanee tra i diversi gradi d'istruzione e verso il mondo lavorativo, acquisendo sensibilità, conoscenze e competenze aderenti.
Istanze come l'emergenza climatica, il modello consumistico legato all'alta produzione di rifiuti, l'approccio esclusivamente tecnico ai media, l'alta percentuale di popolazione con peso eccessivo tra i giovanissimi (25,2% nel 2017/18) e l'aumento dei disturbi d'ansia e depressione registrati tra essi (40% a livello mondiale), sono campanelli di una minaccia già esistente che riguarda l'uomo nella sua totalità e richiedono di essere debitamente trattati con un'azione sinergica di tutti gli apparati esistenti.
Riconoscere la matrice umana delle difficoltà tecnico-economiche e culturali è indispensabile per un comune impegno che deve necessariamente passare attraverso l'educazione per essere trasformativo, pensando la persona in maniera olistica.
In tal modo sin da subito l'uomo può essere educato con continuità e in ogni forma aggregativa che sperimenta, alla convivenza, all'inclusività, all'accettazione di un insuccesso, a distaccarsi dalla logica multitasking per avanzare ad una velocità propria, sapendo selezionare ciò su cui focalizzarsi, e ad un sano stile di vita che preveda anche l'apprendimento dell'espressione emotiva. L'obiettivo quindi si sposterebbe dalla formazione di uno studente o lavoratore, a quella di una persona civile e ben inserita nel mondo.
Un risultato della tendenza a dividere la persona in molteplici aspetti da trattare in campi e con figure diverse si può rinvenire anche constatando che il dilagamento delle possibilità di socializzazione non si è accompagnato ad una migliore qualità della comunicazione o una cancellazione dell'individualismo.
Evidenze affini suggeriscono il bisogno di un'educazione alla collettività, all'approccio empatico verso l'altro, all'esercizio di responsabilità e all'aspetto psicosociale nell'uso dei device, incoraggiando l'idea di curare una "reputazione digitale".
Obiettivi come questi potrebbero essere perseguiti anche nelle scuole con una ridefinizione dei percorsi scolastici di ogni grado, in cui nel segno della continuità, si potrebbero studiare gli eventi attraverso l'interpretazione degli studenti in ruoli che poi si invertono per maturare più punti di vista; così come un'attenzione all'arricchimento lessicale permetterebbe di ridurre il rischio di violare la sensibilità dell'altro e conferirebbe elasticità al proprio modo di pensare. Infine, la facilità di reperimento di materiali audiovisivi si presterebbe ad attività di analisi e traduzione per confrontarsi in una direzione valoriale su cosa si differenziano e cosa persiste tra i contenuti e le forme di comunicazione del passato e di oggi.
Il sostanziale impegno oggi richiesto in ogni ambiente è quello di attribuire all'uomo il peso specifico dei cambiamenti e a educarlo pensandolo nel suo essere globale per responsabilizzarlo ad essere nel globo.
Adriana Lorusso,
Studentessa SCOPSI
Università degli Studi "Aldo Moro" di Bari